Lo sapevi che… le prime automobili non avevano volante?
Nel racconto dell’evoluzione dell’automobile, spesso ci si concentra sulle caratteristiche straordinarie o sull’innovazione tecnologica. Tuttavia, le automobili precorritrici di quelle che oggi guadiamo abitualmente, non avevano un elemento essenziale che ora diamo per scontato: il volante.
Quando si osserva un veicolo moderno, il volante rappresenta l’interfaccia principale tra il conducente e l’auto stessa. Tuttavia, nei primi prototipi e nelle prime vetture che hanno gettato le basi per l’industria automobilistica, il concetto di “guidare” era molto diverso da quello odierno.
Le origini dell’automobile e il controllo di guida
Durante le fasi iniziali della produzione di automobili alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX secolo, il controllo di guida era affidato a meccanismi insoliti e spesso rudimentali rispetto ai nostri standard odierni. In effetti, il concetto stesso di “guidare” un veicolo era totalmente diverso.
In quei tempi pionieristici, le automobili erano dotate di leve, manopole o addirittura timoni che ricordavano più il controllo di una barca che quello di un’auto moderna. Questi veicoli erano spesso primitivi e la loro manovrabilità era un vero e proprio esperimento, lontano dagli standard di sicurezza e comfort che conosciamo oggi.
La transizione verso il volante
È interessante notare che il passaggio al volante, come lo conosciamo oggi, è stato graduale e non istantaneo. Il volante, nella sua forma primitiva, è stato introdotto come un’innovazione per migliorare il controllo e la manovrabilità delle automobili.
Le prime versioni di questo dispositivo erano rudimentali e spesso montate su un asse verticale, più simili a una manopola che a un volante circolare. Col passare del tempo, però, il design venne migliorato, dando origine al volante come lo conosciamo ora.
L’importanza del volante nell’evoluzione dell’automobile
Il volante ha rivoluzionato il modo in cui le persone interagiscono con le automobili rendendole alla portata di tutti in termini di guidabilità. È diventato un simbolo di controllo, consentendo ai conducenti di manovrare e guidare con maggiore precisione e facilità. La sua evoluzione ha contribuito significativamente all’avanzamento delle tecnologie di guida e alla sicurezza stradale.
Conclusione
Riflettendo sul passato dell’automobile e sulle sue radici, scoprire che le prime automobili non avevano il volante può risultare sorprendente.
Seppur oggi sia considerato uno strumento tanto banale, è stato una delle più importanti trasformazioni che hanno plasmato l’auto in ciò che è diventata oggi, non è sempre stato così…chissà che in futuro, la guida dei mezzi di traporto non si evolverà in qualcosa di ancora diverso?
Concludiamo l’episodio 16 di “Lo Sapevi che“, sperando vi sia piaciuto vi lasciamo di seguito gli episodi precedenti!
“Lo sapevi?ep.15“. Nel mondo dell’industria automobilistica, gli airbag sono diventati una caratteristica di sicurezza fondamentale che protegge guidatori e passeggeri in caso di incidenti stradali.
Ma cosa potrebbe mai avere a che fare la tecnologia degli airbag con le astronavi? Scopriamolo in questo affascinante articolo!
Lo sapevi?ep.15.
L’origine degli airbag
Gli airbag automobilistici, quei dispositivi che si gonfiano rapidamente per proteggere gli occupanti dell’auto in caso di collisione, sono spesso considerati una tecnologia moderna.
Tuttavia, la loro origine risale a molto più indietro nel tempo, negli anni ’50.
Il primo airbag venne brevettato nel 1953 dallo statunitense John W. Hetrick, tecnico industriale in pensione, dopo un incidente in cui lui e alla sua famiglia rimasero coinvolti.
Il suo primo vero impiego però fu quello di proteggere i piloti di aerei da caccia durante le collisioni e gli atterraggi d’emergenza.
La NASA e la tecnologia degli airbag
La NASA, l’Agenzia Spaziale Americana, è stata una pioniera nell’uso degli airbag in contesti completamente diversi da quelli automobilistici.
Durante gli anni ’60, ha iniziato a sviluppare una tecnologia per ammortizzare l’atterraggio delle sonde spaziali su Marte e Venere, basata su quella dell’airbag.
Questo ha portato all’ulteriore sviluppo di questi sistemi con lo scopo di proteggere le costose attrezzature scientifiche trasportate dalle sonde.
Il passaggio ufficiale dall’aria allo stradale
Perché l’airbag entrasse a far parte degli accessori di un’auto fu necessario attendere il 1973.
La prima vettura su cui venne montato, negli Usa, fu la Oldsmobile Toronado.
Inizialmente, gli airbag erano considerati una caratteristica di lusso nelle auto di fascia alta.
Tuttavia, la loro efficacia nel salvare vite umane durante incidenti stradali ha portato a una rapida diffusione e all’obbligatorietà dei sistemi airbag in molte parti del mondo.
Come funzionano gli airbag automobilistici
Gli airbag automobilistici funzionano rilevando rapidamente un impatto o una collisione attraverso una serie di sensori posizionati nell’auto.
Una volta rilevato un impatto significativo, il sistema attiva l’esplosione di un gas generato chimicamente all’interno dell’airbag.
Questo gas fa sì che l’airbag si gonfi in una frazione di secondo, proteggendo il guidatore e i passeggeri dall’impatto con il cruscotto, il volante o altre parti dell’auto.
La costante evoluzione della tecnologia
Negli anni, la tecnologia degli airbag si è evoluta notevolmente.
Oggi, gli airbag non sono più limitati a quelli installati nel cruscotto o nel volante; sono presenti in diverse parti dell’auto, tra cui i sedili, le tendine laterali e persino nel tetto.
Questo garantisce una protezione ancora maggiore durante vari tipi di collisioni.
In sintesi, gli airbag automobilistici, anche se oggi sono considerati una caratteristica standard in quasi tutti i veicoli, hanno le loro radici in un contesto molto diverso: l’esplorazione spaziale.
La tecnologia degli airbag, inizialmente sviluppata per proteggere le sonde spaziali, ha dimostrato di essere altamente efficace nella protezione delle vite umane nelle auto durante gli incidenti stradali.
Questa storia mostra quanto sia importante l’innovazione e quanto possa essere sorprendente la trasformazione di una tecnologia da un campo all’altro, portando vantaggi significativi, in questo caso, alla sicurezza stradale.
Concludiamo l’episodio 15 di “Lo Sapevi che“, sperando vi sia piaciuto vi lasciamo di seguito gli episodi precedenti!
Grazie all’incredibile progresso della tecnologia i taxi autonomi sono diventati una realtà?
L’industria automobilistica sta vivendo una rivoluzione senza precedenti grazie ai progressi nella tecnologia dei veicoli autonomi.
Sebbene sia ancora un campo in evoluzione, molte aziende stanno lavorando sodo per portare sulle strade veicoli che possono guidarsi da soli.
Ma ciò che potrebbe sorprendervi è che questa tecnologia è già stata implementata in alcune città in tutto il mondo, e i taxi autonomi sono diventati una realtà.
In questo articolo, esploreremo come funzionano questi veicoli, dove sono disponibili e quali sono i prossimi sviluppi in questo affascinante settore.
Lo sapevi? ep.14
IL FUTURO DEI TRASPORTI E’ AUTONOMI. COME FUNZIONA?
L’idea di taxi autonomi sembra essere tratta direttamente da un film di fantascienza, ma è più vicina alla realtà di quanto si possa pensare.
Le aziende tecnologiche e automobilistiche stanno investendo miliardi di dollari nello sviluppo di veicoli autonomi per migliorare la mobilità urbana e ridurre il traffico nelle città.
Alcune città in tutto il mondo hanno avviato servizi pilota di taxi autonomi. entro di una città o un campus universitario.
Altre città, invece, sono ancora in fase di sperimentazione per cercare di valutare l’affidabilità e l’accettazione da parte del pubblico.
I taxi autonomi si basano su una serie di avanzate tecnologie, tra cui:
Sensori: i veicoli sono equipaggiati con una varietà di sensori, tra cui telecamere, lidar (light detection and ranging), radar e sensori ad ultrasuoni.
Questi sensori scansionano costantemente l’ambiente circostante per rilevare veicoli, pedoni, semafori e qualsiasi altro oggetto o ostacolo sulla strada.
Intelligenza Artificiale: Un potente software di intelligenza artificiale elabora i dati dai sensori per prendere decisioni in tempo reale sulla guida.
L’AI è addestrata per rispondere a una vasta gamma di situazioni stradali, rendendo il veicolo in grado di guidare in modo sicuro e predittivo.
Connessione Internet: I taxi autonomi sono spesso connessi a una rete centrale che fornisce aggiornamenti in tempo reale sul traffico, le condizioni meteorologiche e altri fattori che possono influenzare il viaggio.
Controllo Autonomo: Basandosi sui dati dei sensori e sulla connettività Internet, il veicolo prende decisioni di guida, come cambiare corsia, fermarsi a un semaforo o evitare un ostacolo.
IL FUTURO DEI TAXI AUTONOMI
Sebbene i taxi autonomi siano già una realtà in alcune aree, ci sono ancora sfide significative da superare prima che diventino una parte comune del panorama urbano.
Come già anticipato in parte, queste sfide includono la regolamentazione, la sicurezza, la responsabilità legale e l’accettazione da parte del pubblico.
Tuttavia, le prospettive sono entusiasmanti.
. L’implementazione su larga scala dei taxi autonomi potrebbe ridurre il traffico urbano, migliorare l’accessibilità ai trasporti pubblici e aumentare la sicurezza stradale.
Con ulteriori progressi nella tecnologia e nell’infrastruttura, il futuro dei taxi autonomi sembra essere davvero promettente.
In conclusione, i taxi che si guidano da soli sono un esempio affascinante di come la tecnologia sta trasformando il nostro modo di viaggiare.
Mentre il loro utilizzo è ancora limitato, non c’è dubbio che rappresentino una parte importante del futuro dei trasporti urbani.
Sarà interessante vedere come questa tecnologia si svilupperà nei prossimi anni e come influenzerà la nostra vita quotidiana.
Concludiamo l’episodio 14 di “Lo Sapevi che“, sperando vi sia piaciuto vi lasciamo di seguito gli episodi precedenti!
Vintage GP: ep. 13 Porsche 911 Targa l’auto che continua ad affascinare gli appassionati di auto sportive.
Nel mondo delle auto sportive, pochi nomi suscitano lo stesso senso di leggenda e iconicità che rievoca la Porsche 911.
Fra le tante versioni che Porsche ha prodotto nel corso degli anni, la 911 Targa brilla come un simbolo di stile e innovazione
Da oltre mezzo secolo, la Porsche 911 Targa ha continuato ad affascinare gli appassionati di auto sportive con il suo design distintivo e la sua esperienza di guida esclusiva.
L’idea alla base della Porsche 911 Targa ha radici nel desiderio di offrire un’esperienza di guida aperta senza compromettere la sicurezza.
Nel 1965, infatti, la legge americana sulla sicurezza stradale stava diventando più restrittiva, richiedendo che le auto sportive fossero dotate di roll-bar per proteggere il conducente nel malaugurato caso di ribaltamento.
Per rispondere a questa sfida, Porsche ha sviluppato e introdotto la Targa.
DALLA PRIMA GENERAZIONE AI GIORNI NOSTRI
La prima generazione, che deve il suo nome alla famosa gara automobilistica Targa Florio in Sicilia, fu lanciata nel 1965 stabilendo fin da subito il concetto di una guida aperta senza compromessi sulla sicurezza.
La Porsche 911 Targa, nella sua prima versione, presentava un tettuccio rigido removibile e un roll-bar in acciaio satinato.
Nonostante divennero immediatamente iconici, a partire dal 1969, introdussero un design rinnovato per la 911 Targa.
La barra di sicurezza satinata viene sostituita da un roll-bar integrato e da un vetro posteriore apribile.
Questo design è diventato un segno distintivo della Targa ed è stato mantenuto nelle successive generazioni.
Porsche 911 1965Porsche 911 1969
Nel corso degli anni, la Porsche ha continuato ad affinare il design e l’esperienza di guida della 911 Targa.
L’introduzione di materiali moderni, come il vetro temperato e il tetto apribile elettricamente, ha reso la Targa più comoda e funzionale.
La Porsche 911 Targa attuale combina l’estetica classica con la tecnologia all’avanguardia, offrendo una guida emozionante e uno stile senza tempo.
IL FUTURO DELLA TARGA
La Porsche 911 Targa è molto più di una semplice auto sportiva.
È una testimonianza dell’ingegnosità e della dedizione della casa automobilistica tedesca nell’offrire un’esperienza di guida unica che combina emozioni e sicurezza.
Con oltre mezzo secolo di storia e innovazione alle spalle, la Porsche 911 Targa continua a guidare la strada verso il futuro delle auto sportive, rimanendo una presenza iconica sulle strade e nei cuori degli appassionati.
Vintage GP: ep. 13 Porsche 911 Targa
L’evoluzione del design
IL NOSTRO SHOOTING A VILLA CAPRIATA
Porsche 911 Targa
👉Facci sapere se vuoi più contenuti di questo genere👈
Se te lo sei perso, leggi anche il nostro articolo del VIntage GP: ep 11
Un’auto è riuscita a percorrere oltre 4 milioni di KM con il suo primo proprietario?
Nel vasto panorama dell’industria automobilistica, poche storie sono in grado di catturare l’immaginazione come quella della Volvo P1800 e del suo proprietario originale, Irv Gordon.
Una storia di determinazione, affidabilità e un legame profondo tra un uomo e la sua macchina, il record stabilito dalla Volvo P1800 nel 1966 rimane un tributo senza tempo all’ingegneria di qualità e all’amore dei guidatori appassionati.
Lo sapevi? ep.13
L’INIZIO DI UN VIAGGIO STRAORDINARIO
Nel 1966, la Volvo P1800, una coupé sportiva dalla linea elegante, stabilì un record che avrebbe catturato l’attenzione del mondo intero.
Il suo proprietario, Irv Gordon, era un insegnante di matematica che decise di intraprendere un viaggio epico attraverso gli Stati Uniti.
Spingendo la sua P1800 a coprire distanze, fino a quel momento, mai nemmeno immaginate.
L’elemento fondamentale che portò Gordon al successo in questa folle impresa fu la sua volontà di andare avanti, senza mai fermarsi.
Le strade sconnesse, le condizioni meteorologiche avverse e le sfide del percorso non erano nulla in confronto alla sua determinazione e all’eccezionale resistenza della sua auto.
Attraversando città e campagna, deserti aridi e montagne imponenti, Gordon e la sua Volvo iniziarono a forgiare una storia di resistenza e determinazione che non verrà mai dimenticata.
Il record stabilito da Irv Gordon e dalla sua Volvo P1800 non era solo una questione di numeri.
Ogni chilometro percorso da questa macchina rappresentava un capitolo nella storia di un uomo e del suo affetto per la sua auto.
Nel corso dei successivi decenni, la coppia avrebbe raggiunto cifre incredibili, superando ogni più rosea aspettativa compresa, probabilmente, anche quella di Gordon.
Ogni chilometro in più rappresentava sfide superate, avventure vissute e momenti preziosi condivisi con la sua Volvo P1800.
L’auto non era solo un mezzo di trasporto; era diventata un compagno di viaggio, un confidente silenzioso di un uomo che aveva dedicato la sua vita a esplorare un mondo che si estendeva al di là dell’asfalto.
L’EREDITA’ DURATURA
La storia della Volvo P1800 di Irv Gordon non è solo una testimonianza dell’affidabilità e dell’ingegneria di qualità di Volvo, ma è anche un tributo all’importanza dei legami che gli individui possono formare con le loro automobili.
Nel 2018, Irv Gordon raggiunse l’incredibile traguardo di 4,8 milioni di chilometri, confermando ancora una volta la tenacia sua e della sua auto.
La storia di Gordon e della sua Volvo P1800 continua a ispirare e affascinare, dimostrando che le macchine possono diventare parte integrante delle nostre vite.
Testimoni silenziosi di avventure e sfide che superano ogni aspettativa.
Mentre il mondo dell’automobilismo continua a evolversi con tecnologie avanzate e design innovativi, il record stabilito nel 1966 rimane un simbolo eterno della connessione tra un uomo e la sua fedele compagna di viaggio.
Concludiamo l’episodio 13 di “Lo Sapevi che“, sperando vi sia piaciuto vi lasciamo di seguito gli episodi precedenti!
Nella storia del cinema, alcune auto hanno lasciato un’impronta indelebile sullo schermo, diventando icone della cultura popolare e amate da generazioni di spettatori.
Oggi vi porteremo alla scoperta delle 5 auto più famose dei film che hanno segnato la storia del cinema.
Cominciamo subito con la prima!
Quale potrebbe essere la più famosa se non la DeLorean di “Ritorno al Futuro“?
Lo sapevi? ep.12
1. DeLorean DMC 12 di “Ritorno al Futuro” (1985)
GRANDE GIOVE! La DeLorean DMC-12 è indubbiamente l’auto più famosa della storia del cinema grazie al franchise “Ritorno al futuro”.
Famosa per la sua carrozzeria in alluminio, le portiere ad ali di gabbiano e il suo reattore nucleare che andava ad alimentare il condensatore del flusso canalizatore.
Era grazie a questo meccanismo che la vettura riusciva a viaggiare nel tempo, raggiungendo le 88 miglia orarie.
La DMC—12 del dottor Emmett brown e di Marty McFly è diventata una vera e propria icona della cultura Pop.
Nel ruolo di “Q” introdusse un giovane Sean Connery nel ruolo di James Bond a quella che poi sarebbe diventata l’auto preferita da 007: l’Aston Martin DB5.
DB5 che nel caso di James Bond è equipaggiata da alcuni Gadget che la rendono il perfetto veicolo per contrastare il nemico: tra cui una mitragliatrice nascosta nei fari anteriori, un sistema di schermatura per proteggere i finestrini da proiettili e un dispositivo per sparare chiodi.
Un altro gadget iconico è stata la famosa targa giratoria con il numero di registrazione “BMT 216A“, che James Bond utilizza per evitare la cattura da parte dei cattivi durante una scena di inseguimento.
Aston Martin DB5 di “Goldfinger”
3. Toyota Supra di “The Fast and the Furious” (2001)
Downtown Los Angeles, 2001, in una strada deserta del centro una Toyota Supra modificata di colore arancione si affianca ad una Ferrari F355 spider.
La vittoria della Supra in quella gara clandestina le aprì le porte dell’olimpo delle auto, rendendola l’auto leggendaria che è oggi.
La Supra di “the fast and the furious” era modificata per ottenere prestazioni eccezionali, e ancora oggi conquista i fan della saga e gli appassionati d’auto.
Iconica anche grazie al suo colore verde scuro e i cerchi neri era equipaggiata da un V8 da 390 pollici cubici che erogava 325 cv.
Nel leggendario inseguimento Steve McQueen, nei panni di Frank Bullitt, alla guida della Mustang insegue una Dodge Charger per le strade di San Francisco.
Il tutto è stato girato senza l’uso di effetti speciali o riprese in studio, ma con la vettura realmente in movimento per le strade di San Francisco.
Ford Mustang GT Fastback di “Bullitt”
5. Ecto-1 di “Ghostbusters – Acchiappafantasmi” (1984)
L’Ecto-1 è la famosa ambulanza modificata, utilizzata dalla squadra di “Ghostbusters – Acchiappafantasmi” per catturare gli spiriti: l’auto si basa sulla Cadillac Miller-Meteor del 1959.
Nel film i tre protagonisti Peter Venkman (bill Murray), Ray Stantz (Dan Aykroyd) ed Egon Spengler (Harold Ramis), convertirono la vecchia ambulanza in un veicolo speciale per la loro attività di cacciatori di fantasmi.
Tra le dotazioni e le personalizzazioni della vettura possiamo trovare uno strano apparato chiamato “proton pack” utilizzato dai cacciatori di fantasmi per catturare le entità paranormali, dispositivi per rilevare gli spettri e una sirena distintiva che contribuisce a creare l’atmosfera unica e comica del film.
Ecto-1 di “Ghostbusters”
Concludiamo l’episodio 12 di “Lo Sapevi che“, sperando vi sia piaciuto vi lasciamo di seguito gli episodi precedenti!
Maserati: un’azienda modenese riconosciuta tra le eccellenze automotive made in Italy specializzata nella produzione di automobili di lusso e auto da corsa che hanno fatto la storia.
Ma sapevate che il suo tridente prende spunto da uno degli elementi più iconici di Bologna?
Avete letto bene, infatti è in onore del famosissimo Nettuno di Bologna!
Se siete curiosi di conoscere la sua storia, continuate a leggere il nostro articolo!
IL LOGO DEL TRIDENTE
Il design del tridente venne concepito 12 anni dopo, nel 1926, da Mario Maserati, fratello di Alfieri, Ettore ed Ernesto, un artista di grande talento.
Successivamente alla morte di Alfieri, la casa stava attraversò un periodo di transizione.
Fu in quel momento che Mario, ispirandosi alla statua della fontana del Nettuno di Piazza Maggiore, creò il logo con il Tridente.
I colori presenti nello stemma sono il rosso e il blu, i colori simbolo della città di Bologna.
Il tridente era l’arma di Nettuno, il possente Dio del mare, e proprio questo simbolo fu scelto per rappresentare l’azienda.
Lo stemma vuole richiamare sia la potenza che l’eleganza, valori che Maserati voleva esprimere nelle sue vetture.
1927, il logo con il tridente venne ufficialmente adottato da Maserati e ha mantenuto la sua forma inalterata nel corso degli anni, diventando un simbolo riconoscibile in tutto il mondo.
Viene posizionato sulle calandre delle vetture Maserati, rappresentando il marchio in ogni sua manifestazione, dalle competizioni in pista alle auto da strada.
Negli anni successivi, Maserati ha continuato a sviluppare vetture di lusso di alta qualità, che combinano prestazioni eccezionali con uno stile elegante e distintivo.
Il logo con il tridente ha incapsulato l’essenza di queste vetture, incarnando il loro carattere unico e il prestigio che le contraddistingue.
Oggi, il logo con il tridente è diventato un simbolo di lusso, prestazioni e raffinatezza automobilistica.
Esso rappresenta l’eredità e l’eccellenza di Maserati nel campo dell’ingegneria automobilistica, evidenziando la passione dell’azienda per la perfezione che ha mantenuto nel corso dei decenni.
L’INIZIO DI MASERATI
Maserati nasce a Bologna nel 1914 da tre fratelli: Alfieri, Ettore ed Ernesto Maserati.
Dopo aver accumulato esperienza in giro per il mondo, all’età di 27 anni Alfieri, decide di dar vita al sogno di lavorare insieme ai suoi fratelli.
Ettore ed Ernesto entusiasti si uniscono al fratello in quell’incredibile progetto.
Fratelli Maserati
Martedì 1° dicembre 1914 Alfieri, Ettore ed Ernesto Maserati aprono un garage con annessa officina meccanica per riparazioni automobili a Bologna.
Il 1° aprile 1919 Alfieri, Ettore ed Ernesto riprendono a pieno regime le attività, che consistono nella messa a punto e nella modifica di vetture da corsa.
Non pensavo più solo a produrle quanto a guidarle: infatti nel 1920 Alfieri entra nelle corse!
Lo fa con una SCAT di tre litri di cilindrata, acquistata come residuato bellico e modificata insieme ai fratelli, alla Parma-Poggio di Berceto.
La differenza di competitività con gli altri è troppo alta e Alfieri non riesce a lasciare il segno; da questa esperienza nacque però la “Tipo Speciale“, la prima auto assemblata Maserati.
Tipo Speciale
Maserati sta diventando sempre più riconoscibile, ha quindi bisogno di un simbolo distintivo e riconoscibile per il brand.
Il marchio appare per la prima volta nel 1926, l’anno in cui fu costruita la prima automobile della “Società anonima officine Alfieri Maserati”: ecco quindi la nascita del tridente.
Simbolo di potenza e regalità, ricreato prendendo spunto dalla statua di Nettuno situata nella fontana di piazza Maggiore, a Bologna.
Il logo è realizzato da Mario Maserati, e suggerito dal marchese Diego de Sterlich, grande amico e sostenitore della scuderia.
Tutto, nel marchio, richiama Bologna, anche i colori blu e rosso.
L’EVOLUZIONE DEL TRIDENTE MASERATI
Le cose evolvono, dopo la cessione alla famiglia modenese Orsi, nel 1937, l’azienda si sdoppia in 2 società: da una parte le Officine Alfieri Maserati (auto da corsa) e dall’altra la Fabbrica candele Maserati (candele e batterie).
La sede diventa Modena e nel 1951 il simbolo del tridente viene inserito in un ovale a punta, fino al 1968.
I primi problemi per Maserati si verificano nel 1973, tanto chela casa automobilistica è in liquidazione, fino a quando non viene acquistata 2 anni dopo.
In questi anni appare un importante restyling del marchio, da parte di Michele Spera, che nel 1983 essenzializza il tridente colorandolo di azzurro.
Due anni dopo si torna al marchio storico, con piccole variazioni ma mantenendo fede al tridente e alla sua struttura, fino al 1993, anno in cui l’azienda diventa parte di Fiat.
Il logo subisce un ulteriore restyling da parte di Ubaldo RIghi: dove l’ovale si allunga e cambia il logotipo.
Siamo al 2006, dopo un’azione pubblicitaria internazionale per il rilancio del marchio storico e la produzione di nuove auto, l’agenzia tedesca Seidldesign si occupò della comunicazione, prima di tutto con una modifica del carattere del logotipo.
Il tridente resta sempre protagonista, ma con il dente centrale alleggerito, e si sviluppa un doppio marchio: l’ovale, da utilizzarsi nelle comunicazioni istituzionali, e il marchio nero (senza ovale) per stampa e marketing.
Concludiamo l’episodio 11 di “Lo Sapevi che“, sperando vi sia piaciuto vi lasciamo di seguito gli episodi precedenti!4
Vintage GP: ep. 12.Audi QUATTRO, l’auto che ha segnato una rivoluzione, salvando Audi dal dimenticatoio e stravolgendo il rally negli anni’80. Oggi vi raccontiamo la storia della leggendaria Audi Quattro.
Vintage GP: ep. 12 Audi QUATTRO Vintage GP: ep. 12 Audi QUATTRO
L’INIZIO DELLA STORIA
La storia dell’Audi Quattro ha inizio nell’inverno del 1976, quando durante i test della Volkswagen Iltis (un veicolo militare 4×4 ispirato alle Jeep Willys della Seconda Guerra Mondiale), l’ingegnere Jorg Bensinger notò che l’Iltis coi suoi 75 cv, si comportava meglio sulla neve rispetto alle potenti berline Audi a trazione anteriore.
Da qui nacque l’idea di creare una berlina a trazione integrale. Proposta al titolare della Ricerca e Sviluppo, FerdinandPiech, l’idea fu accolta con l’unica condizione di testarla su una vettura sportiva stradale.
Un team di tecnici, guidato da Walter Treser, montò la meccanica a trazione integrale della Iltis sulla scocca di un’Audi 80. Il prototipo fu portato al Passo Turracher Hohe in Austria, dove fu testato su ghiaccio e neve di fronte ai dirigenti di Audi, che rimasero colpiti dalle prestazioni impressionanti (anche a temperature estreme di -30°C) e diedero il via alla produzione della vettura a trazione integrale.
L’Audi Quattro fu presentata al Salone internazionale dell’automobile di Ginevra nel marzo 1980. Ferdinand Piech, durante la conferenza di lancio, dichiarò che la Quattro segnava l’inizio di qualcosa di importante.
La vettura presentava arcate bombate, sospensioni indipendenti, la nuova trazione Quattro e un motore turbo da 2.1 litri a 5 cilindri che erogava 200 CV, consentendo uno 0-100 km/h in soli 7 secondi (tutto questo nel 1980).
Nonostante il prezzo non economico e lo scetticismo sulle vendite, la Quattro si rivelò un vero successo, tanto da diventare la pioniera che avviò la vendita di milioni di vetture con trazione Quattro per la casa automobilistica di Ingolstadt.
Audi QUATTRO
AUDI QUATTRO E IL RALLY
Per realizzare il suo desiderio di debuttare nel rally Piech fondò Audi Sport, e nonostante non avesse ancora venduto il numero minimo di vetture richiesto, la Quattro debuttò nel 1980 come mezzo non competitivo, ma si rivelò talmente efficace, che il suo pilota Hannu Mikkola avrebbe vinto il Rally di Algarve con un vantaggio di mezz’ora.
Audi Sport partecipò a otto eventi del WRC nel 1981, ottenendo tre vittorie, incluso il primo successo di una donna nel WRC grazie a Michelle Mouton al Rally di Sanremo, e nel 1982, Audi Sport vinse il titolo Costruttori.
Il 1983 fu l’anno in cui venne introdotta la categoria Gruppo B, che segnò una svolta nel mondo dei rally. Caratterizzata da regolamentazioni molto limitate, consentiva alle vetture di essere portate all’estremo. Gli spettatori, si riversavano sulle strade, spostandosi rapidamente per assistere alle auto che sfrecciavano a velocità incredibili e i piloti si spingevano al limite delle proprie capacità .
Audi quell’anno dominò la categoria grazie alle Quattro A1 e A2, Hannu Mikkola vinse il campionato piloti nel 1983, seguito da Stig Blomqvist nel 1984, che portò anche alla vittoria del campionato costruttori.
Audi QUATTRO A2Michelle Mouton Pikes PeakAudi Group B
IL SUCCESSO DELL’AUDI QUATTRO
La Quattro ebbe un enorme successo di vendite nel 1985, spingendo Audi a implementare la trazione Quattro su tutta la gamma dei modelli.
Nel frattempo, nel Gruppo B, le vetture stavano diventando sempre più potenti. Audi decise di omologare una versione più aggressiva chiamata Sport Quattro S1 in soli 224 esemplari.
Nonostante la potenza mostruosa di 450 CV della versione da rally, l’attenzione alla sicurezza limitò il suo pieno potenziale. Tuttavia, i piloti come Stig Blomqvist, Walter Rohrl e Michelle Mouton ottennero comunque importanti risultati, tra cui la vittoria di Mouton alla cronoscalata di Pikes Peak.
Nel 1986, la Sport Quattro fu ulteriormente potenziata a 500 CV, con migliorie aerodinamiche e un sistema di Anti-Lag per una migliore risposta del motore. La vettura raggiungeva lo 0-100 in soli 3,1 secondi e pesava solo 960 kg. Nonostante i successi ottenuti, il Gruppo B venne bandito dalle competizioni a causa dei crescenti problemi di sicurezza. Di conseguenza, Audi si ritirò dalle competizioni rally a partire dall’anno successivo.
Nel 1987, Audi fece un ritorno al campionato WRC, ma non riuscì a replicare lo stesso successo di prima, nonostante alcune vittorie di tappa.
Tuttavia, la Sport Quattro continuò a competere con successo. A Pikes Peak, Walter Röhrl guidò la nuova Sport Quattro S1 Evo 2, potenziata a 600 CV e con miglioramenti aerodinamici, conquistando la terza vittoria consecutiva di Audi e stabilendo un nuovo record, battendo quello precedente di 22 secondi.
Audi S1 Evo 2
LE VERSIONI STRADALI
Nel frattempo, le versioni stradali della Quattro subirono miglioramenti significativi, inclusa l’introduzione dell’ABS, l’adozione di ruote più larghe e un miglioramento delle prestazioni di guida.
In particolare, il motore subì modifiche sostanziali: la cilindrata aumentò da 2.1 a 2.2 litri, il numero di valvole passò da 10 a 20 e la potenza raggiunse i 220 CV.
Il motore venne accoppiato a un differenziale autobloccante Torsen, consentendo uno scatto da 0 a 100 km/h in soli 6 secondi.
Nel corso degli anni, la vettura subì ulteriori modifiche fino al 1991. Alla fine della sua produzione, Audi vendette complessivamente 12.000 esemplari dell’Ur-Quattro.
Vintage GP: ep. 12 Audi QUATTRO
Audi QUATTRO
👉Facci sapere se vuoi più contenuti di questo genere👈
Se te lo sei perso, leggi anche il nostro articolo del VIntage GP: ep 11
la Parigi-Rouen è stata la prima gara automobilistica?
Lo sapevi? ep.10
Il 22 luglio 1894 segnò un momento di svolta nella storia dell’automobilismo: si svolse la prima corsa ufficiale di auto, conosciuta come la Parigi-Rouen.
Questo evento all’avanguardia, segnò l’inizio di un’era di trasformazione e progresso nel mondo dei trasporti, aprendo la strada a una rivoluzione che avrebbe cambiato per sempre la nostra concezione di mobilità.
Lo sapevi? ep.10
LA PARTENZA DELLA PARIGI – ROUEN
All’inizio del XIX secolo, il mondo era ancora dominato dai mezzi di trasporto a trazione animale, come cavalli e carri trainati.
L’invenzione delle automobili aveva aperto nuove possibilità.
Questa gara venne difatti organizzata per dimostrare la fattibilità e l’affidabilità di questi nuovi veicoli a motore.
A quel tempo, il regolamento non faceva differenza fra motori a combustione, elettrici o a vapore e permetteva qualsiasi tipo di carrozzeria, di qualsiasi colore.
La partenza avvenne al mattino presto dalla porta Maillot a Parigi e il percorso di 126 chilometri portò i concorrenti attraverso le strade della Francia settentrionale fino alla città di Rouen.
Il percorso era stato scelto per la sua difficoltà, con salite ripide e strade sterrate che mettevano alla prova la resistenza dei veicoli.
La partenza della Parigi-Rouen
I partecipanti furono giudicati non solo sulla velocità, ma anche sulla loro affidabilità e sulla facilità di utilizzo dell’auto.
La vettura che avesse ottenuto il miglior punteggio in tutte queste categorie sarebbe stata dichiarata vincitrice.
Tra i partecipanti c’erano automobili, tricicli e vetture a vapore, ma la vittoria finale andò a un’auto a vapore costruita dal francese Albert Lemaître, che completò il percorso in 6 ore e 48 minuti.
L’EVOLUZIONE DELL’AUTOMOBILISMO GRAZIE A QUESTA GARA
La Parigi-Rouen fu un evento di enorme importanza per lo sviluppo dell’automobilismo. La corsa dimostrò al mondo che le automobili erano affidabili e che potevano rappresentare il futuro del trasporto.
Inoltre, la competizione portò ad un rapido sviluppo tecnologico, con i costruttori che cercavano di migliorare costantemente i loro prodotti per ottenere un vantaggio competitivo.
La gara fu anche il primo passo verso il motorsport moderno.
Nel corso degli anni successivi, si svilupparono sempre più competizioni automobilistiche, fino ad arrivare alle cose su circuito e alla Formula 1.
In conclusione, da allora, le corse automobilistiche sono diventate uno sport popolare e appassionante, coinvolgendo milioni di spettatori in tutto il mondo.
La Parigi-Rouen ha aperto la strada a un’intera cultura automobilistica e ha dato inizio a una tradizione che continua ancora oggi.
Beh, direi che il proseguo della storia la conosciamo tutti!
Vintage GP: ep. 11.Porsche 924, uno dei modelli più sottovalutati del marchio tedesco che contribuì a salvare la stessa casa automobilistica dal fallimento.
Vintage GP: ep. 11 Porsche 924
I DISAGI DI PORSCHE E LA COLLABORAZIONE FALLIMENTARE CON VOLKSWAGEN
Tutti conoscono Porsche per la 911, che dal 1963 è un’icona automobilistica e fa sognare grandi, piccoli e appassionati.
Ma non tutti sanno che negli anni ’70 la 911 toccò il “punto più basso” della sua carriera: infatti a causa dei costi di produzione elevati in Porsche le priorità erano due:
una nuova vettura per sostituire la 911 e per conquistare il mercato americano (quella che divenne la 928)
un nuovo modello “entry level” per sostituire la 912 con motore anteriore e trazione posteriore.
Questo nuovo modello nascerà da una collaborazione con Volkswagen, che a metà degli anni ’60 per creare una potenziale sostituta per la Karmann-Ghia, portò alla creazione della Porsche 914.
Tuttavia, la vettura fu un flop a causa della scarsa potenza e del costo elevato; Volkswagen perse interesse nel progetto e la produzione della 914 si interruppe nel 1975 dopo circa 120mila esemplari prodotti.
Nonostante il flop, la Volkswagen torno a chiedere l’aiuto di Porsche per sviluppare una nuova coupé sportiva che doveva utilizzare il motore quattro cilindri dell’Audi 100.
Per via della crisi petrolifera e dell’inaspettato successo della Golf GTI, la Volkswagen perse nuovamente interesse nel progetto e Porsche colse l’occasione per ricomprare il progetto della coupé sportiva di Volkswagen per creare una sostituta della 914, e così nacque la Porsche 924.
Porsche 924
IL SUCCESSO E LE EVOLUZIONI DELLA 924
La 924 venne presentata al salone di Parigi del ’75 e divenne disponibile dall’anno dopo.
La vettura era caratterizzata da un design a cuneo, linee pulite e moderne.
L’abitacolo è spazioso e confortevole con la plancia rivolta verso il guidatore e sotto al cofano troviamo il quattro cilindri in linea dell’Audi 100, che coi suoi 125 cv spingeva la 924 fino a 200 km/h.
Nel 1978, venne introdotta la versione Turbo, dove il quattro cilindri venne sovralimentato da una turbina che portava la potenza da 125 a 170 cv.
Porsche 924 Turbo
Questo ha rappresentato un notevole passo avanti in termini di prestazioni, per arrivare poi alla 924 S: venne prodotta dal 1986 ed era equipaggiata con un quattro cilindri da 2,5 litri, con una potenza che andava da 150 a 160 cv.
LE VERSIONI SPECIALI
La 924 suscitò (e suscita ancora oggi) il malcontento dei puristi del marchio, che accusavano Porsche del fatto che la macchina fosse troppo poco potente.
infatti nel 1980 vennero presentate due versioni speciali che erano vere e proprie auto da corsa omologate per la strada:
La 924 Carrera GT, che era equipaggiata da un 4 cilindri turbo da 2 litri e 210 CV.
La 924 Carrera GTR che è la più estrema e desiderabile della gamma e in cui il 2.0 turbo è portato fino a 375 cv e monta soluzioni da auto da corsa che le conferiscono la capacità di spingere questa macchina fino a quasi 290 km/h.
924 Carrera GT
924 Carrera GTR
In conclusione la 924, la prima Porsche a motore anteriore raffreddato a liquido ebbe un gran successo, al punto che generò così tanti guadagni che permise a Porsche di investire nel salvataggio della 911.
👉Facci sapere se vuoi più contenuti di questo genere👈
Se te lo sei perso, leggi anche il nostro articolo del VIntage GP: ep 10